LPT : un nuovo approccio alla tradizionale terapia farmacologica anti-Parkinson



Di Giulio Maldacea (08 set 2020)

Da oltre 50 anni la terapia farmacologia basata sulla Levodopa offre evidenti ed indiscutibili benefici nella gestione dei sintomi della malattia di Parkinson. D’altra parte è noto come la stessa terapia comporti effetti collaterali che diventano sempre più evidenti con il passare del tempo (si parla di periodo della “luna di miele“). In particolare alcuni studi evidenziano che già dopo pochi anni di trattamento con Levodopa possono manifestarsi situazioni di “wearing off” (comunemente “OFF”) e/o discinesie (movimenti involontari).

Nel 2005 il Prof. Stocchi aveva già pubblicato uno studio (Studio Prof. Stocchi 2005) che analizzava proprio le aree di miglioramento della terapia basata su Levodopa suggerendo la necessità di adottare strategie di ottimizzazione e lo studio di formulazioni che garantissero un “copertura” più omogenea nell’arco della giornata.

Purtroppo mettere in pratica queste indicazioni risulta essere molto complicato, specialmente quando abbiamo la possibilità di interloquire con il nostro neurologo per un tempo molto breve effettua la vita quotidiana. Questo concetto è ben espresso nella seguente immagine a cura di una paziente esperta svedese (Sarah Riggare):

Nel 2008 mi fu diagnosticato il Parkinson ad esordio post-operatorio (delatentizzato). Scoprirò anni dopo che sono nato con una doppia mutazione genetica (GBA II). Ci vollero 5 anni per individuare la giusta strategia terapeutica ai quali ne vanno aggiunti altri due per trovare grazie ad un post su Facebook i contatti di una struttura dove un team multidisciplinare mi diede modo di raccontare una storia clinica particolarmente complessa. (Video “7 anni persi…” – Articoli e ricerche – ProgettiCampagne).

Nel grafico sottostante tratto proprio dallo studio del Prof. Stocchi si evidenzia l’aumento di biodisponibilità della levodopa a livello ematico grazie all’adozione di entacapone o di principi DDCI (inibitori della decarbossilasi, ad esempio la Carbidopa presente nella formulazione del Sinemet® o del Sirio® oppure la Benserezide presente nel Madopar®).

Uno studio nuovo ?

In questi giorni diverse testate online hanno rilanciato la notizia relativa ad uno studio retrospettivo pubblicato che ha come oggetto proprio l’ottimizzazione del dosaggio nei diversi orari della giornata al fine di limitare e ritardare l’insorgenza degli effetti collaterali.  Lo studio ha evidenziato come effettivamente nelle persone con Parkinson, una terapia con levodopa meno pulsatile (LPT = Levodopa Pulsatile Teraphy), ossia con dosi più frequenti risulta associata una minore insorgenza di discinesie.

«La levodopa rappresenta il trattamento standard per il PD da oltre 40 anni; tuttavia, causa purtroppo discinesia» premettono gli autori, Mark M. Lin e Robert Laureno, della Georgetown University School of Medicine di Washington (USA).

«Per i pazienti affetti da Parkinson in terapia con levodopa, l’incidenza di discinesia dopo 4-5 anni di esposizione è risultata dal 33% al 45%. La stimolazione pulsatile si effettua perché la levodopa ha un’emivita breve ed il farmaco viene in genere somministrato solo 2-4 volte al giorno».

«I dati farmacocinetici suggeriscono che il raggiungimento di un livello costante di levodopa nell’uomo richiederebbe che la levodopa venisse somministrata a intervalli di 2,5-3,0 ore» affermano Lin e Laureno. «Ad oggi, non sono stati però effettuati studi prospettici o serie di casi di pazienti trattati in questo modo».

Pertanto, dichiarano gli autori, «abbiamo prescritto dosi frequenti di levodopa (ogni 3 ore) con l’obiettivo di valutare se questa strategia potesse ridurre lo sviluppo della discinesia indotta da levodopa.

Conclusione

In totale sono stati osservati 95 pazienti nell’arco di 16 anni (da agosto 2002 ad agosto 2018). Lo studio suggerisce con forza che “… il clinico può essere in grado di ridurre l’insorgenza di discinesia nei pazienti con Parkinson sia in fase iniziale che avanzata utilizzando dosi frequenti di levodopa», scrivono i ricercatori i quali, al tempo stesso, esprimono la necessità di uno studio di migliore qualità (multicentrico, randomizzato e su una coorte più ampia) per approfondire la tematica.

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Riferimenti :

 

2 thoughts on “LPT : un nuovo approccio alla tradizionale terapia farmacologica anti-Parkinson”

  1. Sono già 5 anni che mi hanno prescritto la somministrazione e di levodopa ogni tre ore. Per cui non capisco la novità dello studio. Forse il “dottorino” che mi segue è più bravo?

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