Le cause del Parkinson

La Malattia di Parkinson è ereditaria?

I casi di Malattia di Parkinson sono per lo più sporadici, cioè non ereditari, e la genesi della malattia è multifattoriale, cioè legata all’interazione tra predisposizione genetica, attività lavorativa a rischio e il contatto con tossine ambientali.

In una bassissima percentuale (5-10% dei casi totali), per lo più nelle forme ad esordio precoce, la malattia è legata alla disfunzione di un singolo gene, il cosiddetto “Parkinson monogenico”.

Sono state attualmente identificate almeno 15 mutazioni genetiche in grado di provocare la Malattia di Parkinson.

La scoperta del primo gene responsabile della malattia, denominato Park 1, è avvenuta più di 20 anni fa in una famiglia italiana di Contursi (SA), con più di 40 membri affetti tutti da Malattia di Parkinson; lo stesso difetto genetico è stato poi trovato in altre famiglie europee in Grecia, Spagna e Germania. La trasmissione era di tipo autosomico dominante e l’esordio avveniva intorno ai 40 anni.

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Ci sono fattori ambientali che possono favorire l’insorgenza del Parkinson?

E’ disponibile una vasta letteratura internazionale che dimostra il sussistere di una correlazione con l’insorgenza della Malattia di Parkinson con l’esposizione a pesticidi, alcuni metalli e prodotti chimici industriali e xenobiotici, la residenza rurale, l’attività agricola e l’ingestione di acqua di pozzo. Traumi cranici ripetuti in età avanzata aumentano il rischio di sviluppare la malattia. Metalli quale manganese e ferro, piombo e rame; monossido di carbonio, metanolo e MPTP (sostanza prodotta erroneamente in laboratorio da un chimico tossicodipendente nel tentativo di sintetizzare una droga sintetica simile all’eroina) sono stati collegati con l’insorgere della malattia.

Tra i fattori protettivi, che riducono cioè il rischio di sviluppare la Malattia di Parkinson, vi sono il fumo di sigaretta, il caffè, alti livelli di acido urico, l’utilizzo di 2 o più dosi di antinfiammatori non steroidei alla settimana, gli estrogeni e l’attività fisica.

Cosa significa Parkinson secondario?

La Malattia di Parkinson può essere distinta in una forma primitiva, degenerativa, le cui cause non sono ancora del tutto note, e in forme “secondarie”. Queste ultime sono legate a fattori esterni, come ad esempio traumi cranici ripetuti (come nel caso dei pugili), alla somministrazione di alcuni farmaci, a infezioni (ad esempio encefaliti virali), a tumori cerebrali, oppure a un idrocefalo normoteso.

Sono 171 le cause note che possono provocare la Malattia di Parkinson. In alcuni di questi casi la rimozione dell’elemento che ha causato la malattia, quando possibile, può dar luogo alla regressione della malattia stessa, come può avvenire nel parkinsonismo indotto da farmaci, anche se talora il farmaco può aver portato alla luce una condizione già presente, ma non ancora individuabile clinicamente.

Nel caso dell’idrocefalo normoteso, l’intervento chirurgico molte volte può portare alla risoluzione della sintomatologia.

Nel caso del Parkinsonismo vascolare, invece, il trattamento farmacologico antipertensivo o antiarteriosclerosi non è efficace nel migliorare la sintomatologia, ma in circa 1/3 dei casi vi è una discreta risposta alla levodopa, facendo supporre una concomitante presenza anche di un processo neurodegenerativo sottostante.

Quali farmaci potrebbero favorire l’insorgenza della Malattia di Parkinson?

Il Parkinsonismo iatrogeno può essere considerato la seconda più comune causa di Parkinsonismo, con una frequenza che può arrivare fino al 10% dei casi totali.

La causa viene spesso identificata nell’assunzione di farmaci che interferiscono con il sistema dopaminergico in senso antagonista.

Molte sono le categorie di farmaci in grado di provocare la Malattia di Parkinson: tra le principali possiamo ricordare i neurolettici tipici ed alcuni atipici, gli antiemetici, i cantagonisti, gli antiepilettici, gli antiaritmici, gli stabilizzatori dell’umore, gli antipertensivi depletori della dopamina, i chemioterapici.

  • Neurolettici atipici: risperidone, olanzapina, aripiprazolo, ziprasodone ed a alte dosi anche la quetiapina e clozapina
  • Antiemetici: metoclopramide, levosulpiride
  • Cantagonisti: cinnarizina, flunarizina
  • Dopamino-depletori: reserpina, alfa-metildopa
  • Antiepilettici: valproato di sodio, fenitoina
  • Stabilizzatori dellumore: litio
  • Antiaritmici: amiodarone
  • Antidepressivi inibitori la ricaptazione della serotonina (SSRI): raramente la fluoxetina, paroxetina, sertralina
  • Altri farmaci: meperidina, anfotericina B, cefaloridina, 5 fluorouracile, vincristina, adriamicina, zofran, procaina, tetrabenazina.
  • Neurolettici: tra i più diffusi ricordiamo cloropromazina, clotiapina, dimetotiazina, tioridazina, promazina, perfenazi

I pazienti che hanno assunto recentemente tali farmaci dovrebbero essere tenuti sotto controllo 6 mesi (durante i quali devono sospendere la loro assunzione) prima di formulare la diagnosi di Malattia di Parkinson. I pazienti, infatti, entro 6 mesi dalla sospensione del farmaco presentano generalmente una riduzione dei sintomi extrapiramidali. In alcuni casi, però, la comparsa di sintomi extrapiramidali dopo la somministrazione di farmaci identificati come parkinsonizzanti può scatenare  la Malattia di Parkinson, fino a quel momento presente in fase preclinica (Koller 1997): in tali casi naturalmente la sospensione del farmaco non farà regredire il quadro clinico.

Le caratteristiche cliniche sono molto simili a quelle della Malattia di Parkinson, con tremore, rigidità e lieve bradicinesia, che però assumono una distribuzione simmetrica e hanno una più rapida evoluzione rispetto alla Malattia di Parkinson.

L’acatisia e le crisi neurodislettiche sono presenti in questi pazienti e assenti nella forma idiopatica.

Per una più precisa differenziazione tra le due forme possiamo utilizzare la SPECT DAT SCAN, che risulterà alterata nel caso di forma idiopatica, mentre sarà normale se la Malattia di Parkinson è provocata dai farmaci.